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di Antonio Lupo, Isde Liguria e componente direttivo nazionale ISDE Italia.

L’Associazione Medici per l’ambiente ISDE Italia ha aderito alla Campagna “Riprendiamoci il Comune“, ed è stata inserita tra gli enti promotori.

Perchè una campagna e due leggi d’iniziativa popolare

Le molteplici crisi di questo modello economico e sociale rendono evidente l’insostenibilità di una società regolata dal mercato e finalizzata al profitto individuale.

Un nuovo modello ecologico, sociale e relazionale é possibile a partire dalle comunità territoriali e dalla democrazia di prossimità che permette la partecipazione diretta delle persone alle decisioni sulle scelte fondamentali che le coinvolgono.

Ecco perché nasce la campagna Riprendiamoci il Comune. Nel suo doppio significato di riappropriarci, sottraendolo al mercato e alle privatizzazioni, di tutto quello che ci appartiene e di restituire un ruolo pubblico, sociale, ecologico e relazionale ai Comuni, luoghi della democrazia di prossimità.

Per affrontare i nodi che oggi impediscono ai Comuni di svolgere la propria funzione e alle comunità territoriali di autogovernarsi la Campagna propone due leggi d’iniziativa popolare: 

  1. Principi e disposizioni per la riforma della finanza publbica locale
  2. Principi e disposizioni per la tutela del risparmio e per la socializzazione di Cassa depositi e prestiti

La prima proposta di legge si prefigge una profonda riforma della finanza locale, sostituendo al pareggio di bilancio finanziario il pareggio di bilancio sociale, ecologico e di genere, eliminando tutte le norme che oggi impediscono l’assunzione del personale, reinternalizzando i servizi pubblici a partire dall’acqua, difendendo suolo, territorio, beni comuni e patrimonio pubblico e dando alle comunità territoriali strumenti di autogoverno partecipativo.

La seconda proposta di legge si prefigge la socializzazione di Cassa Depositi e Prestiti, trasformandola in ente di diritto pubblico decentrato territorialmente e mettendo a disposizione dei Comuni e delle comunità territoriali le ingentissime risorse del risparmio postale (280mld) come forma di finanziamento a tasso agevolato per gli investimenti dei Comuni decisi attraverso percorsi di partecipazione della comunità territoriale.”

In un periodo così drammatico a livello globale, in cui imperversano decine di guerre e la crisi climatica ed ambientale di origine antropica accelera in misura imprevedibile, abbiamo aderito anche per l’evidente e crescente distacco dei cittadini dalle istituzioni, in particolare lo Stato e le Regioni, che si accentuerà ulteriormente se diventasse esecutivo il progetto di Autonomia differenziata delle Regioni.

Come ISDE sappiamo bene come si siano progressivamente spente tra i cittadini le speranze suscitate dalla legge 833/1978 che istituiva il Servizio Sanitario Nazionale, ispirato all’universalità, l’uguaglianza e l’equità, e che riunificava nelle Unità Sanitarie Locali Prevenzione, Cura e Riabilitazione, mettendo fine alla copertura sanitaria delle mutue, che comportava grandi differenze di assistenza a seconda del lavoro svolto e quindi della classe sociale.

Con la L.833 ai Comuni, con le Unità Sanitarie Locali loro braccio operativo, spettavano tutte le funzioni amministrative non di pertinenza dello Stato o delle Regioni.

Le successive leggi del biennio ’92-’93 hanno introdotto l’aziendalizzazione della Sanità, con una conseguente diminuzione dei servizi, territoriali e ospedalieri, una carenza drammatica di personale, un aumento dei costi e dei tempi di attesa per i cittadini. Il tutto in parallelo alla diminuzione del finanziamento dello Stato al Sistema Sanitario: oggi si è arrivati al 6% del Pil, con un aumento al 2,4% del Pil della spesa pubblica per le strutture private, e una spesa sanitaria pro capite in Italia nel 2021 inferiore del 51,7% a quella della Germania e del 38,4% a quella francese.

Il ruolo dei Comuni è stato decimato: aboliti i Comitati di gestione, eletti dai Consigli Comunali, ora c’è un solo organo monocratico per la Sanità, scelto dalla Regione, il Direttore Generale.

Anche per l’Acqua Bene Comune le cose non vanno bene. A distanza di 11 anni dal referendum, nonostante la qualità dell’acqua del rubinetto in Italia sia tra le migliori d’Europa, il 62% delle famiglie (dato Censis) beve acqua in bottiglia (siamo i primi in Europa con 208 litri procapite/anno contro i 106 litri della media in Europa), spendendo per questo circa 240 euro l’anno a testa.

Eppure l’acqua del rubinetto costa 6mila volte in meno (Istat, 2018), oltre ad avere un impatto ambientale assai minore: ogni giorno in Italia utilizziamo 30 milioni di bottiglie di plastica e 7 di vetro, con il risultato che in un anno 13,5 miliardi di bottiglie diventano rifiuti da gestire, e le microplastiche hanno invaso i mari e vengono trovate perfino nei feti umani.

Solo il 65% di italiani è servito da gestori interamente pubblici, mentre il restante 35% riceve il servizio da soggetti che hanno la partecipazione di capitali privati. La proposta di legge, in applicazione del referendum 2011, non è mai riuscita ad iniziare l’iter parlamentare. Al contrario, il 16 dicembre 2022 è stato approvato dal Consiglio dei ministri il DL sulla concorrenza, che introduce il divieto di gestire i servizi a rete con un’Azienda Speciale, cioè pienamente controllata dal Comune, e reintroduce la necessità di produrre una relazione motivata per i Comuni che intendono affidare il SII, Servizio Idrico Integrato, ad aziende in house.

Assistiamo ad un’ulteriore spinta a considerare l’acqua, bene comune e nutriente fondamentale per la persona, un oggetto di profitto. Nonostante la siccità e la allarmante carenza di acqua dolce (perfino in Piemonte!), non c’è alcun piano per risanare le perdite degli acquedotti, il 36% dell’acqua totale, dato che le reti sono vecchie e malandate, il 60% delle infrastrutture ha oltre 30 anni (percentuale che sale al 70% nei grandi centri urbani); il 25% di queste supera i 50 anni (arrivando al 40% nei grandi centri urbani).

Inoltre è ben poco conosciuto, ma l’Italia paga 60 milioni di euro/anno di multa alla UE per mancata depurazione delle acque reflue, una cifra alta, ma secondaria rispetto al dato ambientale. Sei milioni di persone oggi scaricano i reflui a mare, con alto carico complessivo di fosforo e azoto, un enorme danno per l’ambiente.

Infine il Rapporto 2022 ISPRA dice che nelle acque superficiali sono stati trovati pesticidi nel 55,1% dei 1.837 punti di monitoraggio; nelle acque sotterranee nel 23,3% dei 2.551 punti, con un numero medio di 4,3 sostanze e un massimo di 31 sostanze in un singolo campione.

Il glifosato (e il suo metabolita AMPA), il pesticida più presente, già nel 2015 venne classificato potenziale cancerogeno dallo IARC, ma l’attuale Governo italiano, nella revisione di autorizzazione in corso a livello UE, ha nell’ottobre 2022 votato per continuare a permettere l’uso del glifosato (mentre nel 2017 il Governo aveva votato contro alla proroga di 5 anni).

ISDE crede che la Campagna Riprendiamoci il Comune possa aiutare gli enti pubblici ad uscire da questa situazione di impotenza e mercificazione in atto, che priva i cittadini dei diritti costituzionali e li allontana progressivamente anche dall’istituzione ancora loro vicina, il Comune appunto.