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ISDE Trento ha replicato sulla stampa alle dichiarazioni di Francesco Pizzo, Direttore della Unità operativa igiene e sanità pubblica della ASL di Trento, tendente a minimizzare i rischi derivanti dall’esposizione ai campi elettromagnetici, come già aveva fatto anni addietro).

Lo ha fatto con una lunga e documentata nota che pubblichiamo integralmente di seguito, nella quale – fra l’altro si evidenzia, fra le altre cose che:

L’affermazione (del dott. Pizzo ndr) che sui campi elettromagnetici la “visione del rischio” non sia commisurata alla realtà è un parere del tutto personale, che andrebbe supportato con delle prove. Tale parere in realtà contrasta con la classificazione fatta dalla IARC OMS nel 2013 (e non da un’associazione privata per quanto autorevole come erroneamente riporta il dr. Pizzo). L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato le radiazioni non ionizzanti come “possibili cancerogeni” (gruppo 2B), sulla base di un incremento del rischio di glioma (un tipo di tumore cerebrale maligno) associato all’uso del telefono cellulare. La classificazione nel Gruppo 2 della IARC significa che esiste un grado di evidenza di cancerogenicità benché limitata sia nell’uomo sia nell’animale.

L’altro errore imperdonabile è quello di fare una “graduatoria” dei rischi ambientali, come se si presentassero uno alla volta. La compartimentalizzazione e il focus sui singoli fattori di rischio è un approccio inadeguato oggi in medicina proprio in considerazione della molteplicità e della variabilità dei fattori di rischio (esposizioni cumulative o concetto di esposoma), che si presentano simultaneamente e i cui effetti possono sommarsi ed essere sinergici.

Anche la precisazione sulla maggiore quota di esposizione da telefoni rispetto alle stazioni radio base rientra nel concetto di “graduatoria” sopra citato. È invece corretto pensare ad un’esposizione cumulativa da più fonti, telefoni più stazioni radio base, più una serie di altre fonti sparse nell’ambiente (dai varchi magnetici ai cartellini magnetici etc.).

I medici non sono pagati dalla comunità per verificare i limiti di legge ma per tutelare la salute pubblica, verificare se esistono luoghi sensibili (ad es. scuole) e far osservare la minimizzazione dell’esposizione, cosa che si può ottenere spesso con semplici provvedimenti quale l’orientamento dei lobi di irraggiamento. Infine, sarebbe auspicabile che le aziende sanitarie implementassero un sistema di monitoraggio dell’esposizione e dello stato di salute della popolazione esposta.

Per quanto riguarda le evidenze di danno, oltre alla classificazione IARC che, pur con le limitate evidenze, comunque associa i campi elettromagnetici ad alta frequenza (sono ad alta frequenza i campi elettromagnetici generati dal 5G e non a bassa frequenza come erroneamente scrive il dr. Pizzo!) al rischio di cancro, ci sono molti studi successivi che mettono in evidenza altri tipi di danni da radiazioni non ionizzanti.