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L’Associazione di Medici per l’Ambiente, ISDE Padova: «Auspichiamo in un intervento dell’amministrazione comunale. Ricordiamo che l’inceneritore di S. Lazzaro brucia da anni fanghi di depurazione civile e recentemente anche fanghi di depurazione industriale, che contengono o possono contenere le PFAS, senza peraltro avere alcun obbligo di analisi preventive su tali rifiuti»

La premessa, nella comunicazione che Isde Padova, medici per l’ambiente sul bio monitoraggio , fa già comprendere quanti e quali siano i dubbi sulle procedure del biomonitoraggio sulle eventuali conseguenze della salute date dalla presenza di un inceneritore a ridosso di un’area urbana: «Nella convenzione fra Aulss 6 Euganea, Università e Arpav per la realizzazione di un’indagine epidemiologica nell’area dell’inceneritore di Padova, viene ribadita più volte la necessità di “riservatezza”. I due dipartimenti universitari coinvolti e Arpav sono tenuti alla riservatezza dei risultati intermedi e finali che possono comunicare unicamente alla Aulss, la quale a sua volta è tenuta a sottoporre preventivamente ciascuna pubblicazione a Hestambiente; solamente l’Azienda sanitaria potrà poi comunicare dati e risultati al Comune che potrà divulgare ai cittadini».

Il bio monitoraggio non è una esclusiva patavina, ma in tutte le città dove è presente vengono fatte una serie di analisi e di verifiche, che però non sono secretate: «Esiste una convenzione fra Aulss ed Hestambiente, che non è stata mai resa pubblica. Di cosa si ha paura? Appare chiaro che la convenzione è costruita sulla base delle esigenze del soggetto che paga. Tutto il contrario del progetto di Biomonitoraggi in corso a Marghera – “One Health e Citizen Science in aree a forte pressione ambientale”, finanziato con il PNRR e di cui la regione Veneto è capofila – nel quale i cittadini ed i loro esperti partecipano a pieno titolo al tavolo di progettazione dell’intervento. Qui si vorrebbe negare anche l’informazione, ma i dati che riguardano salute e ambiente devono essere pubblici, come ha sancito una recente sentenza del Tar Piemonte. Viene a galla il peccato originale di questa vicenda: Hestambiente è costretta a pagare, paga un costo salato, ma vuole il controllo su dati e risultati».

Gli studi poi, secondo Isde, dovrebbero essere concentrati su chi abita a ridosso dell’impianto, vincolo che invece non viene mantenuto: «Nel merito del progetto, facciamo presente che la popolazione oggetto di studio per gli anni 2010-2019 deve essere quella di Padova e non dell’Aulss 6, che comprenderebbe tutta la provincia. Segnaliamo che per la definizione dell’esposizione devono essere considerate non la prossimità all’inceneritore, ma unicamente le aree definite dai modelli di dispersione di ciascun inquinante, considerando anche i dati ambientali delle centraline, in particolare di Aps1, via dell’Internato Ignoto, a Terranegra e Aps2, via Carli a Mortise. Segnaliamo l’assenza delle sostanze perfluoroalchiliche o PFAS, sia fra i microinquinanti considerati, sia nelle determinazioni analitiche del monitoraggio ambientale, mentre è noto che gli inceneritori sono una fonte di pressione ambientale per tali sostanze pericolose e persistenti, che devono essere tenute in considerazione anche nella specificazione delle cause di mortalità e di morbosità. Ricordiamo che l’inceneritore di S. Lazzaro brucia da anni fanghi di depurazione civile e recentemente anche fanghi di depurazione industriale, che contengono o possono contenere le PFAS, senza peraltro avere alcun obbligo di analisi preventive su tali rifiuti».

Per questi motivi Isde chiede un cambio di rotta, facendo leva sull’amministrazione comunale: «Auspichiamo che il Comune, che nella Conferenza dei Servizi aveva espresso parere negativo all’autorizzazione alla Quarta Linea, di fronte ad un’indagine epidemiologica sulla quale non esercita alcun controllo ed i cui tempi slittano inevitabilmente, voglia sostenere il nostro progetto di Biomonitoraggio nei bambini: “Per Prevenzione, Salute e Ambiente ci vogliono le unghie!”, finanziandolo direttamente con una piccola parte dei fondi rimessi dall’inceneritore a titolo di indennizzo ambientale,  senza demandare alla Regione che ha già risposto più volte negativamente. Biomonitoraggio che vede il coinvolgimento e la partecipazione attiva delle Associazioni ambientaliste e dei cittadini interessati, in un’ottica di “Citizen science”, al fine di determinare in tempi relativamente brevi, per es. entro il 2024, l’assorbimento dei metalli, indice di esposizione all’inquinamento atmosferico, nella frazione più fragile della popolazione e più suscettibile di danni alla salute».

Fonte: padovaoggi