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La pandemia Covid-19 ha spinto molti ricercatori a cercare correlazioni fra la diffusione del virus ed altri fattori esterni. Fra gli ambiti indagati anche quello relativo ad una maggiore presenza di pollini.
In particolare uno studio pubblicato su Environmental sciences “Higher airborne pollen concentrations correlated with increased SARS-CoV-2 infection rates, as evidenced from 31 countries across the globe” ed effettuato da ricercatori di vari paesi europei ha affrontato questa tema. Nell’articolo si ricorda che “l’esposizione al polline indebolisce l’immunità contro alcuni virus respiratori stagionali diminuendo la risposta dell’interferone antivirale.” Per questo gli studiosi hanno voluto verificare se lo stesso valga avvenga anche per il Covid-19. La loro ipotesi iniziale era che più polline aereodisperso avrebbe portato ad un aumento del tasso di infezione. Per verificare tale ipotesi, hanno eseguito un’analisi dei dati sull’infezione da Covid-19, della diffusione dei pollini (relativamente a 130 stazioni di monitoraggio in tutto il Mondo) e dei fattori meteorologici.
Dallo studio è emerso che i tassi di infezione sono aumentati dopo un aumento delle concentrazioni di polline nei quattro giorni precedenti. Poiché non esistono misure preventive contro la presenza del polline nell’aria, gli autori dello studio suggeriscono un’ampia diffusione di informazioni sugli effetti del virus del polline per incoraggiare le persone ad alto rischio ad indossare maschere di filtraggio delle particelle durante l’alta concentrazione di pollini in primavera. Al di là dei risultati di questo studio, la presenza consistente di pollini – in particolare quelli allergenici – è un tema che interessa comunque un gran numero di persone, se è vero che le pollinosi, o allergie da pollini, secondo dati dell’OMS si posizionano ai primi posti delle malattie croniche, interessando tra il 10% e il 40% della popolazione a seconda delle regioni e dei periodi dell’anno, e che risultano negli ultimi anni in continuo aumento e in forte crescita soprattutto nelle aree urbane, dove la contemporanea presenza in atmosfera degli allergeni nei granuli pollinici e delle sostanze responsabili dell’inquinamento atmosferico, producono evidenti effetti sulla salute umana.
Appare quindi di interesse per coloro che assicurano il presidio sanitario sul territorio avere informazioni il più possibile complete su questo fenomeno. Nel nostro paese il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA) effettua da anni – in quasi tutta Italia – il monitoraggio e la valutazione dei pollini allergenici attraverso la Rete Italiana di Monitoraggio Aerobiologico POLLnet. Da tempo POLLnet rende disponibili documenti di approfondimento e bollettini settimanali dei livelli di concentrazione dei pollini allergenici con la tendenza per la settimana successiva.
Quest’anno SNPA ha presentato il primo rapporto nazionale sui pollini allergenici in Italia. Il Rapporto descrive lo stato della presenza dei principali pollini allergenici e della spora Alternaria in Italia nel 2019 e gli andamenti delle loro concentrazioni in aria, misurate, dal 2003 al 2019, nelle stazioni di monitoraggio della rete POLLnet-SNPA e del Centro di monitoraggio aerobiologico di Tor Vergata (Roma).

I dati pollinici analizzati di riferiscono alle seguenti famiglie botaniche, tutte di rilevante interesse allergologico: Betulaceae, Asteraceae (anche chiamate Compositae), Corylaceae, Cupressaceae/Taxaceae, Poaceae (anche chiamate Gramineae), Oleaceae e Urticaceae.
Sempre quest’anno, in coincidenza con l’inizio della primavera, per la prima volta la rete POLLnet ha presentato il quadro sintetico dello stato dei principali pollini allergeni in Italia registrato nel 2020. Complessivamente sono stati analizzati i dati di 46 stazioni di monitoraggio aerobiologico. Sono stati scelti due indicatori a rappresentare lo stato dei principali pollini allergeni in Italia nel 2020: l’Indice Pollinico Allergenico (IPA), ossia la somma annuale delle concentrazioni giornaliere dei pollini aerodispersi delle seguenti sette famiglie botaniche che rappresentano i più importanti pollini allergenici monitorati sul territorio italiano: Betulaceae (Betula, Alnus), Corylaceae (Corylus, Carpinus, Ostrya), Oleaceae (soprattutto Olea, Fraxinus spp.), Cupressaceae-Taxaceae, Graminaceae (o Poaceae), Compositae (o Asteraceae, soprattutto Artemisia e Ambrosia), Urticaceae (Parietaria, Urtica). L’IPA è un parametro che dipende dalla quantità di pollini allergenici aerodispersi nella zona di monitoraggio. Più grande è l’IPA, più grandi sono le quantità medie di pollini aerodispersi nel corso dell’anno, quindi maggiore deve essere l’attenzione da prestare alla loro presenza per i soggetti atopici. Si tratta comunque di un indicatore sintetico che dà una dimensione complessiva del fenomeno senza evidenziare il contributo che a esso danno i pollini di ciascuna famiglia botanica (variabile secondo l’andamento stagionale e la località considerata); i Giorni rossi, un nuovo indicatore sintetico proposto dalla rete POLLnet che consiste nel conteggio del numero di giorni, nell’arco dell’anno solare, in cui almeno un taxon (tra tutti quelli misurati) presenta un alto livello di concentrazione di granuli pollinici in aria secondo i valori di riferimento POLLnet-SNPA. Di particolare interesse l’indicatore giorni rossi sembra mettere in evidenza, più dell’IPA, una prevalenza di alti livelli cumulati di concentrazione pollinica nelle regioni del centro Nord Italia, con diverse stazioni di monitoraggio che hanno registrato “giorni rossi” per più di 200 volte nel 2020.
Un dato che merita senza dubbio un approfondimento per capire meglio quali ne sono le cause. Infine, sempre in questo ambito, il servizio dell’Unione Europea Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS) ha iniziato a diffondere le previsioni, fino a quattro giorni in anticipo, sulla diffusione dei più comuni tipi di polline. Gli scienziati del CAMS usano una modellazione numerica per calcolare le concentrazioni di polline di cinque delle specie più comuni, betulla, olivo, erba, ambrosia e ontano, per fornire previsioni fino a quattro giorni in anticipo.
Queste informazioni anticipate sulle concentrazioni di polline danno ai 100 milioni di allergici in Europa l’opportunità di iniziare le cure in anticipo o di limitare le attività all’aperto quando la quantità dei pollini è particolarmente alta. A fronte di questo quadro importante sia dal punto di vista dei contenuti ma anche soprattutto per le innumerevoli competenze disciplinari coinvolte (Naturalisti, agronomi, meteorologi, informatici) , un ruolo importante può e deve essere svolto dai medici di famiglia (medici di medicina generale MMG e pediatri di libera scelta PLS). Innanzitutto è da sottolineare che le patologie allergiche sono un classico esempio di condizioni che, soprattutto a livello locale, vengono difficilmente quantificate. Come detto in precedenza questa informazione a livello locale è condizionato dal tipo di vegetazione esistente, dalla condizioni meteorologiche locali, dal tipo di popolazione.

Pertanto proprio per questa ragione una vera e propria prevenzione di questa condizione non può prescindere da informazioni che solo il medico di famiglia può fornire. Accanto a questo occorre considerare l’influenza sui propri pazienti e sul territorio dei MMG e nella prospettiva di conoscenza, mediazione e intervento finalizzati alla prevenzione primaria e alla promozione della salute. Questo sia suggerendo comportamenti virtuosi per i propri pazienti anche per evitare episodi allergenici (ad es asma bronchiale), ma anche indirizzando verso scelte più appropriate per le condizioni agronomiche e meteorologiche locali. Su queste altri temi è in atto un importante sforzo promosso da FNOMCeO e ISDE per la realizzazione di una Rete Italiana Medici Sentinella per l’Ambiente (RIMSA), che si basa su tre elementi principali:
1. il ricco patrimonio scientifico e informativo in possesso dei MF e le grandi potenzialità epidemiologiche dei dati in loro possesso mediante le Cartelle Cliniche Elettroniche – Electronic Medical Records (EMRs);
2. l’importanza del loro ruolo informativo, educativo ed anche etico (conoscere le cause della malattia e come prevenirla) nei confronti sia dei pazienti-cittadini che delle istituzioni;
3. la possibilità di integrare RIMSA con le reti cliniche.

Marco Talluri, giornalista scientifico
Paolo Lauriola, coordinatore Rete Italiana Medici Sentinella per Ambiente-ISDE Italia