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Lo scorso 11 giugno ISDE ha espresso preoccupazioni sulla task force voluta dal precedente governo con in comunicato Piano Colao: Ma il cambiamento dov’è? Una proposta iper-liberista che ripropone come soluzioni scelte che sono in realtà tra le cause dell’attuale crisi” 

Oggi, in presenza delle linee di indirizzo dell’attuale governo, che ha riscosso ampio consenso e grandi aspettative nell’intero paese, rileviamo che permangono criticità di fondo, motivo per noi di grande preoccupazione.

Si tende ad enfatizzare il concetto di transizione ecologica, prevedendo l’istituzione di un ministero ad hoc, ma dalle dichiarazioni dei partiti traspaiono proposte che vanno verso la direzione di una transizione piuttosto “tecnologica”.

Si propongono soluzioni digitali e grandi opere, come se queste non richiedessero ampio consumo di materie prime, senza considerare la necessità e l’urgenza di ripristinare prioritariamente l’equilibrio degli ecosistemi stravolti dalle attività umane,

Si evoca un processo di decarbonizzazione, ma nel frattempo si programmano e si finanziano investimenti per centrali a gas, certamente meno inquinante del carbone, ma assolutamente non adeguato a ridurre il riscaldamento globale in contrasto con gli indirizzi dell’accordo di Parigi.

Si propende per il metano, che comporta un notevole incremento della CO2, rinviando investimenti per fonti energetiche alternative come il solare e l’eolico.

Fra gli obiettivi prioritari del governo non risultano le bonifiche dei territori altamente inquinati dove vive almeno un decimo della popolazione italiana e che ha già pagato un prezzo altissimo in termini di salute, anche dei giovani e dei bambini.

Nè risulta che ai primi posti dell’agenda di governo ci sia una drastica riduzione dell’inquinamento atmosferico, nell’ottica della Prevenzione Primaria, visto che per soli 3 inquinanti (PM2.5, O3, NO2) si contano ogni anno in Italia circa 60.000 morti premature, malgrado lo Stato italiano sia sottoposto a richiami e diverse procedure d’infrazione da parte dell’Unione europea.

Anche la transizione digitale è fonte di grande preoccupazione perché nelle indicazioni che Vittorio Colao, attuale ministro del governo Draghi alla Transizione Digitale, ha trasmesso al governo Conte nel giugno scorso si chiedeva esplicitamente di:

1. “…adeguare i livelli di emissione elettromagnetica in Italia ai valori europei…”

2. “…escludere l’opponibilità locale se i protocolli nazionali sono rispettati…”

Con tali indicazioni si intende:

1. passare dagli attuali 6 V/m ad un massimo di 61 V/m per il campo elettrico e da 0,1 Watt/mq ad un massimo di 10 Watt/mq per la densità di potenza del campo elettromagnetico in alta frequenza;

2. eliminare la possibilità che i Comuni si possano dotare di un regolamento se i limiti nazionali risultano rispettati.

Infatti, le più recenti dichiarazioni rilasciate dal neo ministro confermano i la volontà di innalzare il tetto elettromagnetico in Italia, in linea con le richieste avanzate anche da WindTre secondo cui ‘Per migliorare la competitività del sistema manifatturiero italiano, occorre allineare i limiti delle emissioni elettromagnetiche a quelli europei. Se non si procederà in questa direzione, le imprese italiane dovranno fare i conti con uno svantaggio occulto nei confronti delle aziende concorrenti di altri paesi”.

A nostro parere tale svantaggio nei confronti delle aziende non può essere pagato mettendo a maggio rischio la salute pubblica per un maggiore e ubiquitario livello di esposizione

Sulla base di una solida letteratura indipendente, gli effetti dei campi elettromagnetici, compreso quelli del 5G, vanno ben oltre la sola azione termica riconosciuta.

In verità, le linee guida della Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP) considerano solo gli effetti acuti indotti dal riscaldamento dei tessuti ma non proteggono dagli effetti cronici e dagli effetti biologici, ampiamente documentati, generati dalle radiazioni non ionizzanti.

Questi possono verificarsi per esposizioni diverse centinaia di migliaia di volte inferiori alle attuali linee guida ICNIRP.

Oggi vi sono elementi scientificamente fondati per considerare le radiazioni non ionizzanti come veicolo essenziale nella trasmissione dei messaggi intra e intercellulare di ogni essere vivente e il range delle frequenze elettromagnetiche in gioco nei fenomeni biologici copre tutto lo spettro delle radiazioni non ionizzanti.

Non esiste nessuna barriera insormontabile tra le frequenze specifiche interne a un sistema vivente e le oscillazioni prodotte da frequenze esterne create artificialmente.

Il corpo umano, ancor prima che un sistema regolato da leggi biochimiche e termodinamiche è un sistema elettromagnetico e le perturbazioni artificialmente indotte possono alterare le ultrastrutture biologiche, l’organizzazione microfisica dei sistemi viventi e la sua sensibilità discriminativa, ponendo i presupposti per un cambiamento nell’equilibrio omeostatico, che può evolvere nella patologia.

In particolare siamo preoccupati per la crescente esposizione di bambini e giovani, sia per quanto riguarda gli effetti psichici/relazionali che sanitari. Siamo ancora in attesa di conoscere i risultati dello studio Moby Kids, terminato da anni, condotto in 14 paesi compreso il nostro per valutare il rischio di tumori cerebrali in rapporto all’esposizione a telefoni cellulari. Come mai tanta attesa per la sua pubblicazione? Non è difficile suppore che se i risultati fossero tranquillizzanti non solo sarebbero stati resi pubblici, ma ne sarebbe stato dato anche ampio risalto.

Siamo ben consapevoli che un Sindaco non può impedire l’installazione di nuove antenne perché in base al Codice delle Comunicazioni (D.L. n.259/2003) in quanto queste infrastrutture sono equiparate ad opere di urbanizzazione primaria; per di più con abile mossa successivamente il governo Monti, nel D.L. 179/2012, modificò le misurazioni del campo elettrico dedicate ai controlli passando da medie sui 6 minuti a medie sulle 24 ore, calmierando in questo modo eventuali picchi di esposizione durante gli orari di grande traffico dati.

Per questo, a maggior ragione, devono essere tutelati i siti sensibili come asili, scuole, strutture sanitarie e assistenziali – prerogativa rimasta anche nel recente “Decreto Semplificazioni” (16 luglio 2020, n. 76) – che consente ai Comuni di redigere, sulla base della Legge Quadro 36/2001 (art.8 comma 6), regolamenti per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.

Pur tuttavia questa prerogativa sarà difficilmente perseguibile con lo sviluppo del 5G.

Ignorare le conoscenze scientifiche, non considerare i risultati emersi da indagini condotte con soldi pubblici, quale Moby kids, significa riproporre vecchi errori e vecchi scenari che ci hanno portato a intervenire contro agenti inquinanti solo dopo decenni di disastri ambientali ed un numero imprecisato di vittime.

 

Patrizia Gentilini, Comitato Scientifico ISDE Italia
Roberto Romizi, Presidente ISDE Italia
Ruggero Ridolfi, Oncologo – Endocrinologo, Coordinatore ISDE Forlì-Cesena

Aldo Di Benedetto, Componente Gruppo di Lavoro FnomCeo “Professione, Salute, Ambiente e Sviluppo Economico e Membro del Comitato Scientifico ISDE
Fausto Bersani Greggio, docente di Fisica, Federconsumatori