Il Congresso nazionale di ISDE Italia, dopo la proiezione di un video curato da Maria Grazia Serra, è stato aperto dal Presidente, Roberto Romizi, che ha ricordato Gennaro Barone da poco scomparso, per poi illustrare il programma generale del Congresso, sottolineandone il sottotitolo: “il ruolo del medico imparziale ma non neutrale” che evidenzia il ruolo di advocacy che deve svolgere sempre di più l’associazione. (vedi presentazione)
A tale proposito richiama tutti a svolgere questa funzione anche in vista delle prossime elezioni europee, per dare il proprio contributo al fine di scongiurare il rischio che il prossimo Parlamento Europeo veda una maggioranza contraria al Grean Deal e con posizione retrive su tutte le tematiche ambientali e del cambiamento climatico all’ordine del giorno.
Si è quindi svolta la prima tavola rotonda sul “Regionalismo differenziato“, coordinata da Francesco Romizi (responsabile comunicazione ISDE Italia) – che in apertura ha ricordato la drammatica situazione di guerra in Medio Oriente ed Ucraina, e il messaggio di PACE che viene da ISDE Italia e dal Congresso – e introdotta da Ferdinando Laghi (ISDE Calabria). Nel corso della discussione sono intervenuti Lorenzo Droandi (FNOMCe0), Marco Caldiroli (Medicina Democratica) e Matteo Ricci (ANCI Nazionale).
Ferdinando Laghi, che è Vice Presidente ISDE Italia, ha introdotto la tavola rotonda, sottolineando che se l’autonomia differenziata per 23 materie fondamentali dovesse andare in porto, costituirebbe una “pietra tombale” sui diritti sociali e sanitari dei cittadini. Laghi ha evidenziato che fra le materie che il disegno di legge Calderoli prevede di assegnare in modo esclusivo alle regioni ci sono istruzione, ambiente e salute. Una scelta inaccettabile, anche alla luce delle evidenze che la storia recente ci dimostra, con il fallimento, ad esempio, delle sanità regionali durante la pandemia. Ha anche osservato che l’istruzione costituisce una componente fondante dell’unità nazionale e quindi non ha senso la proposta di differenziazione regionale del sistema educativo.
Lorenzo Droandi (Presidente Ordine dei Medici di Arezzo e rappresentante FNOMCe0) ha condiviso quanto affermato da Laghi. Ha quindi ricordato che il nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è nato nel 1978 e in questa legge al primo articolo sanciva che la Repubblica tutela il diritto fondamentale alla salute attraverso il SSN, che persegue il superamento degli squilibri territoriali fra le varie parti del Paese. In questi anni, purtroppo, le risorse destinate a finanziare il SSN sono progressivamente diminuite (con una diminuzione di 34 miliardi rispetto al 1978), assicurando una percentuale di risorse pari a circa il 6% del PIL, rispetto al 9% di paesi come la Germania. La riforma del Titolo V ha già prodotto danni importanti alla sanità, e se si andrà avanti sul regionalismo differenziato la situazione peggiorerà ancora di più. Già ciascuna regione va per conto suo ed i cittadini italiani sono assistiti differentemente in relazione alla propria residenza, la prospettiva è quella di accentuare ancora di più le differenze attuali. Tutto ciò è in contraddizione con il diritto costituzionale fondamentale alla salute da parte dei cittadini.
Marco Caldiroli (Medicina Democratica) ha ricordato che la Costituzione riconosce la salute come un “diritto fondamentale” dei cittadini. Ricorda come i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) inseriti nell’articolo 117 della Costituzione al momento della riforma del Titolo V dovevano evitare lo squilibrio fra la realtà delle diverse regioni. In realtà la carenza progressiva di risorse ha fatto sì che ad essi non corrispondesse una effettiva individuazione della quantità di risorse necessarie per tutelare almeno un livello minimo di tutela sanitaria, ma quanto era possibile fare con i finanziamenti disponibili e decrescenti. Il regionalismo differenziato non potrà che peggiorare ancora di più la situazione favorendo una sanità “diseguagliante”.
Matteo Ricci (ANCI Nazionale) ha affermato che l’inganno è nella parola “differenziata”; la parola d’ordine dovrebbe essere invece quella di “ricucire” le troppe differenze e squilibri esistenti, con una visione strategica del Paese. Con questo provvedimento si punta invece ad allargare il solco fra nord e sud, e fra le tante differenze sociali e territoriali. Il rischio è quello di creare 20 centralismi regionali gestionali, mentre le regioni, quando sono nate, alla fine degli anni Settanta, dovevano essere enti di programmazione. Va detto che neppure tanti amministratori locali che fanno riferimento all’attuale maggioranza di Governo condividono l’idea di regionalismo differenziato del DDL Calderoli.
Sulla proposta governativa di regionalismo differenziato (DDL n. 615 Calderoli) presentata al Parlamento nel marzo scorso e che al momento è in corso di esame da parte della Commissione Affari Costituzionali del Senato, l’Associazione Medici per l’Ambiente (ISDE-Italia), Medicina Democratica, l’Associazione Cittadinanzattiva, l’Associazione Slow Medicine e l’Associazione dei Medici di Origine Straniera in Italia (AMSI) nei mesi scorsi hanno promosso una presa di posizione pubblica, esprimendo una forte contrarietà al regionalismo differenziato sia per le ricadute sanitarie che per quelle ambientali e ritengono che questo sancirebbe la secessione delle regioni ricche determinando, nei fatti, la frantumazione dello stato unitario.
il video della sessione. Per visualizzare la lista dei video delle tavole rotonde e degli interventi delle prime due giornate del Congresso cliccare qui.