Riproponiamo l’interessante intervista a cura di Cristina Ferrario pubblicata in originale su Univadis Italia from Medscape a Giovanni Viegi, componente del Comitato Scientifico di ISDE Italia.
La qualità dell’aria ha un impatto enorme sulla salute e l’esposizione a particelle molto piccole – il cosiddetto PM1, particelle con diametro aerodinamico inferiore a 1 micron – aumenta in modo significativo il numero di ricoveri in ospedale legati a malattie respiratorie. Lo scrivono sulla rivista Respirology gli autori di un articolo nel quale sono stati coinvolti 408.658 pazienti residenti nella provincia di Guangdong, in Cina, ricoverati in ospedale per malattie respiratorie tra gennaio 2016 e dicembre 2019.
“Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato che l’esposizione alle polveri sottili (PM2,5) è strettamente correlata a una serie di malattie rare come broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), polmonite e asma” scrivono gli autori, guidati da Chenghui Zhong, della Guangzhou Medical University. Il team di ricerca descrive anche come il particolato di dimensioni più piccole, come il PM!, è considerato più tossico del PM2,5 a causa della sua capacità di trasportare agenti cancerogeni tossici e di depositarsi più in profondità nel sistema respiratorio.
“Gli effetti acuti dell’inquinamento da polveri toraciche (PM10) o fini (PM2,5), cioè gli inquinanti normati da direttive europee e descritti dalle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sui ricoveri ospedalieri per malattie respiratorie sono ampiamente noti in letteratura scientifica, da alcune decadi” dice a Univadis Italia Giovanni Viegi, Past President European Respiratory Society (ERS), associato di ricerca senior CNR-Ifc e CNR-Ift e insignito nel 2024 dell’ERS Life Achievement in Epidemiology and Environment.
Viegi, attivo anche all’interno delle società pneumologiche (Società Italiana di Pneumologia, SIP/IRS; Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri, AIPO-ITS) e allergologiche (Società italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica, SIAAIC) nazionali, spiega l’impatto dell’esposizione a breve e lungo termine agli inquinanti atmosferici sulla salute, con particolare attenzione alle normative europee e mondiali.
I dati parlano chiaro
Le analisi di Zhong e colleghi mostrano che ogni aumento di 10 μg/m3 di PM! si associa in modo significativo a un aumento dell’1,39% dei ricoveri per malattie respiratorie MR totali, dell’1,97% per BPCO e dell’1,69% per polmonite, con un effetto negativo maggiore nei pazienti più anziani (>75 anni). Questi dati sono riferiti in particolare agli effetti acuti dell’esposizione a PM!. Viegi sottolinea che per “effetti acuti”, quali i ricoveri ospedalieri, si intendono quegli eventi che si verificano in contemporanea (stesso giorno o con lieve ritardo fino a 7 giorni successivi) con la concentrazione di inquinante atmosferico misurata in un tale giorno.
“Negli ultimi anni sono stati molto studiati anche gli effetti cronici dell’inquinamento, basati su variazioni spaziali di esposizione” ha aggiunto l’esperto italiano, sottolineando che mentre gli inquinanti atmosferici sono monitorati continuamente, ciò non avviene in modo così sistematico per gli effetti clinici. “La maggioranza delle informazioni sulla relazione ambiente-salute viene raccolta da studi scientifici ad hoc, ma da alcuni anni l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) pubblica annualmente rapporti in cui, oltre a informare sul trend temporale delle concentrazioni di inquinanti, vengono stimati gli effetti sulla salute in termini di morti anticipate, anni di vita persi, ricoveri ospedalieri” aggiunge Viegi.
Nell’ultimo rapporto EEA “Harm-to-human-health-from-air-pollution”, datato 10 dicembre 2024, si legge che nel 2022 i cittadini europei sono rimasti esposti a concentrazioni di inquinanti atmosferici notevolmente superiori ai livelli raccomandati dall’OMS. Ridurre l’inquinamento atmosferico ai livelli guida dell’OMS eviterebbe un numero significativo di decessi annuali negli Stati membri dell’Unione Europea (UE-27): 239.000 per esposizione al particolato fine (PM2,5); 70.000 per esposizione all’ozono (O3) e 48.000 per esposizione al biossido di azoto (NO2)” scrivono gli esperti EEA.
Il rapporto EEA sottolinea anche un dato positivo: tra il 2005 e il 2022, il numero di decessi nell’UE attribuibili al PM2,5 è diminuito del 45%, un dato che avvicina l’Europa all’obiettivo di riduzione del 55% indicato nel piano d’azione per l’azzeramento dell’inquinamento per il 2030.
Anche i dati di un recente studio sull’intero territorio italiano confermano quanto riportato in Europa: gli aumenti di PM causano un eccesso di rischio di ospedalizzazione per esiti respiratori, in particolare negli anziani; si potrebbero evitare quasi 5.000 ricoveri ospedalieri ogni anno abbattendo l’inquinamento.
Bisogna agire subito e con forza
“I nostri risultati evidenziano l’importanza di ridurre l’esposizione ambientale al PM1 come possibile strategia per ridurre i ricoveri per malattie respiratorie. Inoltre, la relazione esposizione-risposta tra PM! e ricoveri per malattie respiratorie potrebbe fornire dati preziosi per il perfezionamento degli standard di qualità dell’aria per il PM!” scrivono Zhou e colleghi in conclusione del loro studio.
Le autorità nazionali e internazionali, che dovrebbero essere sempre più attente al legame tra inquinamento atmosferico e salute, aggiornano periodicamente le proprie linee guida indicando le soglie massime tollerabili di esposizione a diversi inquinanti. Ne sono un esempio le già citate linee guida 2021 OMS, alle quali si è affiancata recentemente la direttiva europea che stabilisce nuovi standard di qualità dell’aria che entreranno in vigore il 1° gennaio 2030 in tutta l’UE.
Potrebbe stupire il fatto che le soglie indicate dall’OMS sono in genere più basse di quelle presenti nella direttiva europea. Viegi spiega che alla base di questa discrepanza c’è il fatto che mentre l’OMS valuta solo gli aspetti relativi alla salute, l’Europa deve tenere conto anche di altri aspetti, come quelli di tipo economico che portano inevitabilmente a una sorta di “compromesso” e all’accettazione conseguente di soglie tollerabili più alte. Questa, però, non deve essere una giustificazione per non impegnarsi a rispettare le direttive. “Non dimentichiamo che l’Italia ha un’area tra le più inquinate di Europa (la Pianura Padana) e paga un grosso tributo sanitario per l’inquinamento atmosferico. È augurabile che il nostro Paese adotti al più presto la nuova Direttiva europea sulla qualità dell’aria e non chieda proroghe ma ne rispetti i dettami entro il 1° gennaio 2030” ha commentato Viegi, convinto che non si possano più rimandare interventi massicci e decisi per migliorare la qualità dell’aria. “Investendo in questi aspetti ambientali, si investe in salute” ha spiegato “ottenendo anche vantaggi economici per la riduzione dei costi sanitari diretti ed indiretti delle malattie legate all’inquinamento atmosferico”.