La dottoressa Antonella Litta dell’Associazione medici per l’ambiente- ISDE di Viterbo, è intervenuta sul tema “La gestione ambientale delle risorse idriche nella Tuscia” nell’ambito del webinair “Creare un territorio rigenerativo e resiliente: l’acqua bene comune come base per un futuro equo”, svoltosi il 3 aprile 2025, a conclusione del progetto nazionale Blue Communities
Nell’ambito del progetto nazionale Blue Communities (https://sites.google.com/cevi.ngo/bluecommunities/home-page) si è svolto giovedì 3 aprile 2025, online, l’incontro “Creare un territorio rigenerativo e resiliente: l’acqua bene comune come base per un futuro equo”.
Il webinair, parte conclusiva delle iniziative del progetto nazionale Blue Communities è stato coordinato dal CeVI – Centro di Volontariato Internazionale e cofinanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, che ha come partner l’associazione Navdanya International (https://navdanyainternational.org/it/)
Durante il webinar si è discusso dell’importanza della gestione dell’acqua per la resilienza dei territori e del ruolo dell’agroecologia come modello responsabile per la tutela delle risorse idriche. Presentati anche i report tematici elaborati nel corso del progetto e che rappresentano un contributo fondamentale per comprendere e affrontare le sfide legate alla gestione sostenibile dell’acqua.
Sono intervenuti in qualità di relatori:
La dottoressa Mateya Schmidt coordinatrice dei report per il progetto Blue Communities,
il dottor Marco Iob responsabile del CeVI e del progetto Blue Communities, il dottor Manlio Masucci – referente per l’Italia dell’Associazione Navdanya International, il dottor Lorenzo Maggi per l’azienda biologica Orto di Clapi e riferimento dell’Associazione Navdanya International per l’agroecologia e l’ agricoltura rigenerativa e la dottoressa Antonella Litta, referente nazionale dell’Associazione medici per l’ambiente – ISDE Italia per le problematiche ambientali e sanitarie derivanti dall’inquinamento delle acque ad uso umano.
La dottoressa Litta ad introduzione del suo intervento ha richiamato la nota vicenda del degrado delle acque del lago di Vico, ormai divenuta emblematica testimonianza di cattiva gestione delle risorse idriche. Il lago è sempre stato infatti una risorsa idrica fondamentale per il territorio e i suoi residenti ma soprattutto negli ultimi decenni ha subito gravissimi danni derivanti dalle attività antropiche che si sono svolte e si continuano a svolgere nella sua caldera e in particolare a causa della coltura estesa ed industriale (quella nella quale si utilizzano fertilizzanti, pesticidi e diserbanti chimici) del nocciolo.
Il degrado dell’ecosistema del lago, e di conseguenza della qualità delle sue acque ad uso potabile, è stato documentato da numerosi studi e ricerche e certificato da due recenti sentenze del Consiglio di Stato e dalla Determinazione del 4 luglio 2024, n. G08986 della Regione Lazio.
Quest’ultimo atto prevede tra i vari interventi a salvaguardia dell’habitat naturale del lago anche la realizzazione di nuovi pozzi per la completa sostituzione della captazione delle acque lacustri utilizzate come fonte principale negli acquedotti di Caprarola e Ronciglione.
La referente dell’ISDE ha ricordato poi come la cessazione della captazione delle acque da lago di Vico era stata chiesta dall’Associazione medici per l’ambiente – ISDE già 15 anni fa come misura di protezione per la salute dei residenti nei comuni di Caprarola e Ronciglione ancora privati, e ormai da anni, dell’accesso all’acqua salubre e potabile.
La dottoressa Litta ha concluso il suo intervento con le proposte, più volte formulate per una corretta gestione dell’acqua nell’Alto Lazio e in particolare per il territorio viterbese (di seguito riportate).
Proposte per una corretta gestione dell’acqua nell’Alto Lazio
e in particolare per il territorio viterbese:
– Ammodernare/sostituire la rete idrica territoriale (quella attuale perde quasi il 50% dell’acqua captata).
– Tutelare i laghi di Bolsena, Bracciano, Vico e Martignano con interventi tesi a preservare i loro ecosistemi e l’idropotabilità delle loro acque.
– Recuperare l’acqua piovana, attraverso anche la costruzione di una rete di invasi diffusi utilizzando anche le cave dismesse del territorio.
– Incentivare nei territori agricoli la più efficiente e moderna irrigazione a gocciarispetto alle attuali e contenere l’espansione delle monocolture ad alta richiesta di acqua come ad esempio quella del nocciolo.
– Implementare l’attuale e originario patrimonio arboreo che contribuisce in modo fondamentale alla conservazione e produzione di acqua nonché alla buona qualità dell’aria e al benessere psicofisico delle persone.
– Riciclare sempre e in modo corretto le acque reflue, con opportuni trattamenti prima della loro reimmissione in ambiente.
– Dearsenificare in modo efficiente e costante, con un corretto funzionamento degli impianti di dearsenificazione, le acque ad uso potabile, per riportare almeno nei limiti di legge il parametro Arsenico- elemento tossico e cancerogeno- e il Fluoro.
– Ricercare e valorizzare in loco le falde acquifere con minore o assenza di concentrazione di Arsenico.
– Respingere progetti di grandi opere – come quello di far arrivare le acque da lontano, nella fattispecie dall’acquedotto reatino del Peschiera.
– Misurare i livelli di radioattività nelle acque dell’Alto Lazio, data la struttura geologica vulcanica.
– Opporsi al progetto che individua ben 22 siti per lo stoccaggio di scorie radioattive a bassa, media ed alta intensità nella provincia di Viterbo.
– Evitare l’ampliamento e la realizzazione di nuovi allevamenti animali intensivi, in particolare di quelli avicoli- già numerosi nell’area viterbese-, per il documentato impatto negativo sull’acqua, l’aria, il suolo e la salute anche per il rischio di influenza aviaria.
– Fermare la cementificazione dei territori e la servitù energetica dei terreni ad uso agricolo per preservarne anche il valore dal punto di vista storico e paesaggistico.
– Rinunciare alla produzione energetica da combustibili fossili ed impegnarsi per lo spegnimento definitivo della centrale a carbone di Civitavecchia che riversa i suoi fumi dannosi anche nel viterbese contaminando così aria, acque e suoli.