Da leggi che tutelavano la nostra salute a uno scenario nuovo e incerto, in cui le normative sono ben più favorevoli alle aziende delle telecomunicazioni e non tengono conto del sacrosanto principio di precauzione. Questo, in sintesi, quanto accaduto in merito al tema dell’elettromagnetismo, rispetto al quale l’Italia aveva una delle normative più cautelative a livello internazionale.
La legge del luglio 2003 stabiliva infatti per la popolazione, nei luoghi a permanenza non inferiore alle quattro ore giornaliere, un valore di attenzione del campo elettrico pari a 6 V/m. Tale valore era da considerarsi come media in un qualsiasi intervallo di 6 minuti nell’arco della giornata, poi dal governo Monti a quello Meloni, norme che prevedono una minor tutela per la salute delle persone.
Su questi temi è stato intervistato da Il Fatto quotidiano il professor Fausto Bersani, fisico e membro del comitato Scientifico di Isde Italia.
“Prima ci ha pensato il governo Monti che, con la legge 221/2012, ha modificato la metodica di misura: la media da allora non si misura più su un qualsiasi intervallo di sei minuti, ma sulle ventiquattro ore, un furbo espediente che aumenta le emissioni senza variare sulla carta il valore di attenzione. Il risultato è una sovraesposizione, nelle ore diurne di maggior traffico telefonico”. Il passo successivo in senso peggiorativo è stato fatto dall’esecutivo Meloni: “Grazie alla legge 214/2023”, continua l’esperto, “è stato innalzato il valore di attenzione da 6 V/m a 15 V/m, mantenendo la media sempre sulle ventiquattro ore. Vorrei precisare che come Isde Italia in più occasioni abbiamo ribadito che l’implementazione del 5G era fattibile anche mantenendo la legge del 2003: numerosi ed autorevoli pareri tecnici sono caduti nel vuoto”.
“Successivamente alla valutazione della Iarc (International Agency for Research on Cancer) di classificare l’esposizione alle radiofrequenze come un possibile cancerogeno per gli esseri umani”+, sono stati pubblicati autorevoli e solidi studi su modelli animali (soprattutto da parte del National Toxicology Program negli Usa e, in Italia, dai ricercatori dell’Istituto Ramazzini) che hanno rafforzato le evidenze scientifiche alla base della relazione causale tra esposizione alle radiofrequenze ed insorgenza di cancro. In seguito, nel 2021, la Dott.ssa Fiorella Belpoggi ha redatto, per il Parlamento europeo, una revisione delle evidenze scientifiche attualmente disponibili. Le conclusioni ci dicono che tali frequenze sono probabilmente cancerogene per l’uomo e influenzano chiaramente la fertilità maschile. Possono influenzare la fertilità femminile e possono avere effetti negativi sullo sviluppo di embrioni, feti e neonati. Eppure ad oggi le linee guida internazionali sono basate solo sulla prevenzione dagli effetti acuti a breve termine di natura esclusivamente termica”.
“La Iarc nel 2019, alla luce dei nuovi studi, aveva inserito le radiofrequenze nell’elenco degli agenti ‘possibili cancerogeni’ destinati ad una rivalutazione ad alta priorità che sarebbe dovuta avvenire nel periodo 2020–2024. Tale rianalisi non è mai avvenuta. La Iarc, ad aprile 2024, ha reso noto che la valutazione slitterà, nei prossimi cinque anni, 2025-2029”.
La legge quadro 36/2001 afferma che i Comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. “Quindi le amministrazioni locali al momento hanno ancora un importante strumento di cui possono dotarsi, pur non potendo impedire la copertura della rete cellulare dal momento che questa è assimilabile ad un’opera di urbanizzazione primaria”.